Il vuoto e l’onnipotenza del possibile
Scritto da admin il 19 dic., 2009, su GOOD LIFE LAB, Terapia dello Stress
Desidero riproporre questo post, scritto da Samantha nel luglio di quest’anno dopo che io e lei avevamo a lungo parlato ed esplorato il “vuoto” dentro e fuori di noi, con alcune piccole integrazioni che, a sei mesi di distanza, mi sento di introdurre mantenendo inalterata la sua struttura e l’intenzione che lo anima. (Dario Urzi).
Sulla mia scrivania tengo una cornice con un biglietto fatto con il cartoncino. E’ piegato in tre parti e si apre e si chiude come una finestra. Quando le due ali laterali sono chiuse si legge la parola ”vuoto”. Quando sono aperte si legge invece: ”Qui tutto è possibile”.
Il concetto di vuoto è un concetto di non facile e immediata comprensione. Nella tradizione filosofica occidentale il vuoto è pensato, con Parmenide, come il non-essere, come il nulla assoluto. Nel buddhismo e nel taoismo il “wu”, ovvero il vuoto, indica invece un’assenza determinata, un vuoto determinato, in altre parole “ciò che, in qualche cosa, non c’è”. Sul piano della neurofisiologia della percezione il vuoto è un problema irrisolto, qualcosa che non si riesce a spiegare dato che non si da ragione del fatto che si possa “sentire” qualcosa che non c’è, il non- esserci di qualche cosa.
Molto prima della nascita della filosofia esisteva il mito. In una delle più belle ed antiche cosmologie della mitologia greca si racconta che all’inizio esisteva solo il buio assoluto. Nel buio volava un uccello nero che si chiamava Nyx, l’uccello della notte. Nyx venne fecondata dal vento e depose un uovo d’argento che, dischiudendosi, originò innanzitutto il chaos, lo spazio vuoto, aperto, spalancato, quello spazio immenso che dava al pieno, ovvero al kosmos, la possibilità di manifestarsi, di prendere forma e quindi di costituirsi. Il kosmos, tutto ciò che appare, esiste quindi grazie al chaos, al vuoto originario, che tutto accoglie nel suo spazio infinito.
Nel pensiero di Heidegger, con l’individuazione della differenza ontologica, il vuoto può essere inteso come l’essere, il non-ente, il ni-ente: secondo Heidegger l’essere non è ciò che appare, perché tutto ciò che appare non è altro che l’ente, ma è l’apparire di ciò che appare. E l’apparire di ciò che appare non può che essere uno spazio vuoto, quel ni-ente indispensabile all’apparire dell’ente, di qualsiasi ente. Il ni-ente non è quindi il nulla bensì tutto ciò che non è ente, il non-ente: il non-ente, il ni-ente è quindi l’essere. L’analogia con il vuoto è allora evidente: l’essere è ciò che fa apparire ciò che appare, lo spazio e l’energia primordiale da cui tutto ha origine.
Perché è così importante scoprire che il vuoto esiste e che può non solo essere pensato ma addirittura “sentito e percepito” come un’effettiva presenza?
Perché è lo spazio in cui possiamo accogliere ogni cosa, lo spazio aperto, spalancato, infinito della nostra esistenza. Senza questo spazio il nostro essere è soffocato, incapace di accogliere, di incontrare, di vedere e di ascoltare tutto ciò che appare dinanzi a noi, attorno a noi, dentro e fuori di noi.
Il buddhismo ed il taoismo hanno dato uno straordinario contributo alla nostra capacità di comprendere in modo più ampio e profondo la realtà nella sua infinita ricchezza, a vedere oltre i confini della nostra mente razionale e del nostro pensiero, ad accogliere con tutti i nostri sensi, con tutto il nostro essere, l’onnipotenza del possibile: “facile è vedere il vuoto del vaso, ma difficile è ammettere che tale vuoto costituisce il vaso al pari del pieno”.
Il vuoto del vaso, ciò che ci appare come il non-esserci di quella parte del vaso, corrisponde infatti alla sua parte funzionale fondamentale, a ciò che lo fa essere vaso, contenitore capace di “contenere”.
Quando la nostra mente è piena, affollata da pensieri e da giudizi, da desideri e aspettative, non possiamo più contenere nulla, non possiamo più accogliere, incontrare e vedere tutto ciò che appare. Tenere aperti i pannelli della nostra cornice, le finestre della nostra mente, ci aiuta invece a rammentare che tutto è possibile…
luglio 16th, 2009 on 13:33
A volte abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti ad aprire “quella finestra”. Le tue perle di saggezza raccolte dal passato e rielaborate per questo “futuro”, sono stimoli deliziosi…. ogni giorno scartero’ la mia caramella per trarne positivita’, riflettendo cosi’ un po’ di piu’ su tutte quelle cose che ci sfuggono .Il piu’ delle volte pensiamo a qualcosa mentre il nostro sguardo si e’ gia’ posato su qualcos’altro .ORA PREPARO IL MIO CARTONCINO….